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Sul vecchio ponte di Robecco una giovane donna spinge con fatica un passeggino per percorrere il lungo arco che la separa dall’altra sponda. Sotto il ponte l’acqua del Grande Naviglio scorre veloce e tortuosa. A Villa Gaia si celebra un matrimonio, ovviamente con rito civile. Ogni tanto qualche ciclista si ferma a osservare, forse per rubare una briciola di felicità a quella coppia che si immerge nell’avventura di un giovane amore.

Noi siamo una parte del quadro. Insignificante. Un dettaglio, che si perde nel crepuscolo di una giornata qualsiasi. Siamo stati invitati a quel matrimonio, come quasi altre 200 persone che per mille motivi diversi hanno incrociato la vita dei due sposi. Partecipiamo alla loro festa, ricordando le tante che l’hanno preceduta e forse persino la nostra, che si perde nella nebbia di un tempo passato. Allora fu un chiostro, fra i più belli d’Italia, ad ospitare i primi passi della nostra vita matrimoniale. Ora tocca a questa villa che accolse Ludovico il Moro al rientro dalle sue partite di caccia, il compito di proteggere l’unione nascente fra questi due giovani.

Il clima è festoso. Le parole del celebrante, politico di lungo corso, argute e solenni. Le testimonianze di amici e parenti intense e commoventi. Tutto è perfetto. Manca solo uno sguardo rivolto verso l’alto, che affidi alla Fonte di ogni amore il destino della coppia. Ma questo siamo in pochi a notarlo, solo quei pochi che ancora sentono nostalgia di un Infinito che va oltre gli orizzonti delle nostre umane passioni. Per gli altri va bene così: arricchire la lettura degli articoli del codice civile con qualche citazione tratta da poeti romantici è sufficiente per rendere memorabile questo momento. E per certi versi hanno pure ragione. Le promesse che gli sposi si scambiano insieme agli anelli sono piene di bellezza e di dolcezza: parole sentite che rivelano la tenerezza di un’intima intesa che si proietta verso il futuro con tutta la forza dell’amore. Se loro hanno dimenticato Dio, sicuramente Dio non si è dimenticato di loro.

Il mio sguardo torna al ponte di Robecco. La giovane madre ha terminato l’attraversamento. È pronta a riprendere il suo cammino su strade meno impegnative. Il sole sta per tramontare. La giornata volge al termine, ma l’acqua continua a scorrere lungo il Grande Naviglio. Veloce e tortuosa. Come la vita.

Sant’Anna di Palazzo, uno dei tanti vicoli dei quartieri spagnoli. Da qui si accede a uno dei pozzi che durante la guerra le squadre dell’Unione Nazionale Protezione Antiaerea hanno allargato per consentire la discesa della popolazione nei rifugi durante la seconda guerra mondiale. Questa volta a scendere lungo scale scavate nel tufo siamo noi, turisti spinti dalla curiosità e non famiglie terrorizzate dalle bombe. La rampa ci conduce 40 metri sotto il livello della strada, in una delle tante cisterne che già 2800 anni fa dissetavano i primi coloni greci di Partenope e Neapolis.

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Natale 2022

Arriva tutti gli anni. Pochi giorni prima di celebrare la fine dell’anno, ci ritroviamo in famiglia per la ricorrenza del Natale,  formalmente dedicata alla memoria dell’Incarnazione e di fatto trasformata nel festival del consumismo. Mentre l’immagine del bambino divino si perde in un fiume di retorica e di folclore, l’attenzione si concentra sulla smaniosa ricerca dell’ultimo regalo e sul ritocco finale al menu del cenone. I soliti riti si ripetono con stanca tenacia e l’essenziale cede il passo al superfluo, sotto la luce artificiale di luminarie che per qualche giorno ci liberano dall’ansia della crisi energetica. La radio ci assorda con l’interminabile repertorio delle canzoni di Natale, i social si riempiono di auguri seriali, la televisione ci ripropone film pieni di speranza e buoni sentimenti. Ma soprattutto si mangia. Ogni occasione è buona per riunirsi intorno a un tavolo, dove l’unica regola è la sovrabbondanza: guai se alla fine non avanza qualcosa. Sarebbe un imperdonabile segno di avarizia per chi ha allestito il pasto!

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La storia vera

Oggi scuola guida con Chiara. Abbiamo preso la Fiat Punto di nonno Vincenzo per consentirle di avere sotto i piedi tre pedali e di provare l’irresistibile ebbrezza del gioco di frizione.

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È una di quelle bellissime giornate di ottobre che ti riportano ai ricordi di un’estate ormai lontana. Un raggio di sole che spezza la malinconia nell’anticamera dell’obitorio ci racconta, anche in questo ambiente neutro dedicato alla morte, tutta la potenza della vita. Nonno Vincenzo appoggia le due mani sulle spalle di Giovanni, il più giovane dei nipoti presenti, come volesse restare ancorato a un futuro che sembra sempre più sfuggente. Risuona nell’aria l’eco del salmo 23. Il Signore è il mio pastore. Non manco di nulla. Pur se attraversassi una valle oscura non avrei a temere alcun male, perché tu sei con me. Parole ricche di speranza, che accompagnano sempre l’ultimo saluto, proprio dove la speranza sembra spegnersi.

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Fuga a Santorini

Dopo il solito mese ad Alì Terme, una volta riportati i nonni e sistemati tutti i figli (Niko a Corfù, Chiara e Michele a Vulcano, Giovanni a Osimo), abbiamo deciso che era venuto il momento di concederci una “nostra” vacanza. Abbiamo aperto l’app di WizzAir e abbiamo prenotato il primo volo utile per Santorini. Spostandoci di qualche click, siamo quindi passati all’app di Booking.com e abbiamo prenotato cinque notti all’Agave Hotel di Inverovigli, una camera con terrazzo affacciato sulla caldera, ottimo compromesso fra un prezzo dignitoso e la ricerca di qualcosa di speciale. Dopo un paio d’ore di intensa attività sulla tastiera dello smartphone, il viaggio era servito. Non restava che preparare le valigie!

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La scorsa settimana, per una straordinaria convergenza degli astri, ci siamo trovati a sperimentare quella che normalmente si definisce “vita di coppia”. Come ben sa chi ha la sottovalutata fortuna di avere in dono una famiglia numerosa, si tratta di un’esperienza insolita dopo anni trascorsi a inseguire i bisogni e i problemi dei tanti figli. Ti restituisce agli anni di una lontana gioventù, quando la famiglia era ancora un progetto a venire e l’attenzione si volgeva alla quotidianità del tuo rapporto con quella donna che, prima di essere il tuo futuro, era il tuo presente.

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Caro Gennaro,

ieri mattina, uscendo di casa, lo sguardo è caduto nella postazione dietro il vetro che separa il piccolo regno esclusivo del portiere dal resto del palazzo. Non ho però incrociato il tuo sorriso discreto, nascosto sotto i baffi di sempre. Due occhi estranei hanno fissato i miei. Un uomo in divisa, distratto da un corriere di Amazon, cui ho dovuto spiegare chi ero per farmi consegnare un pacco appena arrivato. Che brutta sensazione sentirsi uno straniero in casa propria…

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Sei passato come una meteora nella storia della nostra famiglia. Primo animale domestico degno di tale definizione (ne hanno diritto anche i pesci rossi?). Dal primo momento mi hai ispirato una profonda malinconia: chiuso nella tua pur ingombrante gabbia, alternavi momenti di quasi letargo, in cui nemmeno accennavi un movimento, a spunti di imprevedibile vitalità, che ti vedevano impegnato in una danza frenetica fra le esili sbarre della tua casa prigione. Mi domando ora se quella malinconia non fosse un cupo presagio sul tuo effimero destino. O forse l’ombra del ricordo delle tristi emozioni di un bambino sorpreso dalla scomparsa precoce di animali cui erano bastati pochi giorni per affezionarsi.

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C’è voluta la determinazione di Maria Teresa per organizzare questa spedizione fra le montagne della costiera amalfitana. La riunione familiare è riuscita a metà, perché i cugini Barone sono venuti quasi tutti meno. In compenso, la famiglia Maggiore è al completo, con la felice aggiunta di Gerardo, con Maria Rosa e Alfredino. C’è anche Maria Stella, la più piccola di casa Maggiore, che si trascina sulle stampelle, ma che per nulla al mondo avrebbe rinunciato all’atteso appuntamento con i cugini.

Troviamo ad accoglierci Casa Pendola, un bed & breakfast in aperta campagna, a poche centinaia di metri da Bomerano, dove ha inizio il Sentiero degli Dei. Il panorama è magnifico e le camere molto ospitali, nonostante qualche problema al riscaldamento che in questo umido autunno non è proprio banale.

Consumiamo la cena nel ristorante “La Selva”, poco lontano, dove ci accolgono con gentilezza, nonostante ci presentassimo a ranghi ridotti, con numeri ben inferiori a quelli annunciati in fase di prenotazione. Mangiamo bene: cucina genuina, sapori sinceri, prezzi generosi. Andiamo a dormire con la pancia piena e il sorriso sulle labbra.

L’indomani, sabato 9 ottobre, ci svegliamo di buon mattino, salutando un sole tanto inatteso quanto apprezzato, che sembra essersi intrufolato fra tante giornate di pioggia proprio per regalarci il piacere di una calda passeggiata autunnale. Finalmente, incontriamo anche Gerardo e famiglia, giunti nella notte, dopo un viaggio interminabile dalla Sicilia. La squadra è al completo e possiamo avvisarci verso Piazza Paolo Paolo Capasso, a Bomerano, dove troviamo ad attenderci Nino, guida esperta, con un passato da gommista e un presente dedicato a cantare le meraviglie della sua terra.

Con lui ci avventurano lungo il Sentiero degli Dei, accompagnati finché possibile da Maria Stella, che zompetta con le sue stampelle come uno stambecco con le gambe legate. Tanto è il desiderio di restare con noi che, fosse per lei, andrebbe fino in fondo, ma viene trattenuta dalla saggezza del papà, che le organizza una gita in barca per consolarsi della mancata escursione montanara.

I paesaggi sono mozzafiato. Quell’incontro fra monti e mare è una ineguagliabile fucina di bellezza. Camminiamo leggeri, ammirando lo spettacolo, mentre Nino ci racconta la storia di quei posti, un tempo abitati da uomini coriacei e ora recuperati a una più lucroso fruizione turistica.

Ci fermiamo poco prima di raggiungere Nocelle, il piccolo paese, anticamente fondato dagli abitanti di Paestum in fuga dai saraceni, che chiude l’itinerario e incombe su Positano. Dobbiamo, così, rinunciare a incontrare Icilio e i suoi 29 asini, che assicurano i trasporti lungo le impervie strade del paese.

Preferiamo fare tappa da Antonio il “capraro”, che ci offre il pranzo nella veranda di fronte alla sua bottega, da dove possiamo godere di un panorama quasi miracoloso, mentre rifiatiamo e gustiamo i prodotti della sua terra e del suo gregge. Sembra di vivere in un sogno, che assume tratti sorprendenti quando ci raggiungono le note di una banda musicale. Trombe e tamburi che si avvicinano a noi, fino a fermarsi proprio davanti al nostro tavolo. Sembra tutto organizzato per rendere memorabile la nostra giornata!

Con la pancia piena, ci lasciamo alle spalle capraro e orchestra, per tornare al punto di partenza in Piazza Capasso, dove, per uno strano scherzo del destino, troviamo Sciascia e Brunella pronte ad affrontare un’analoga passeggiata serale. Dopo aver salutato Nino (magari ci rivedremo a Capri, altra sua sede di lavoro), ci fermiamo qualche minuto al bar per un breve intervallo gastronomico.

In serata scendiamo ad Amalfi per una passeggiata in centro che si conclude ai piedi del magnifico duomo. Quindi, risaliamo a Conca dei Marini, dove ci attendono le delizie del ristorante “Le bontà del Capo”: provola in foglie di limone con gambero fritto al sentore di limone; cortecce con zucchine, gamberi e vongole; gnocchi con ricciola e gamberetti. Il tutto innaffiato da un Suadens Bianco, un IGP che nasce da un blend di fiano, greco e falanghina, proposto dalla innovativa ditta Nativ. Non poteva esserci nulla di meglio di questa festa di sapori per chiudere una giornata all’insegna della bellezza!

Il giorno dopo ci svegliamo sotto un cielo plumbeo. Il sole, dopo il regalo del sabato, è tornato a nascondersi dietro le nubi, lasciandoci in balia del tempo incerto tipico di quell’autunno. Nonostante ciò, ci avviamo comunque per un giro in auto lungo la costiera amalfitana, dopo avere fatto acquisti mozzarelle e salumi nella bottega di prodotti tipici “Angolo dei sapori”. Facciamo tappa a Minori per una rapida visita ai resti della villa romana e un passaggio troppo frettoloso nella boutique dei dolciumi di Sal de Riso. Quindi, salutiamo gli ultimi cugini e torniamo a Napoli, passando per il Valico di Chiunzi, felici per quell’intermezzo di vacanza strappato ai tanti impegni di quel periodo e all’incombente minaccia della pandemia di Covid, che torna a mietere vittime dopo la breve pausa estiva.